Nell’ultimo episodio di Diario personale di viaggio, ero rimasta alle riflessioni sulla persona incontrata dopo che andai a vivere da sola. Perché la sofferenza a volte é più attraente della felicità?
La persona a cui mi riferisco mi è rimasta impressa in questi giorni. Perché la sofferenza a volte é più attraente della felicità?
In effetti nella settimana vicina alla Pasqua, mi sono chiesta se ancora mi faceva arrabbiare. Cioè cosa provavo per lei? Perché la sofferenza a volte é più attraente della felicità?
Sono domande che spesso mi faccio per verificare il mio stato d’animo, soprattutto in un periodo vicino a questa festività dove si parla di rinascita e dove, grazie ai miei percorsi spirituali, cerco di mettermi a confronto con quelle che sono ancora le mie fragilità.
Cosa posso migliorare, prima di arrivare ad una data così importante come la Pasqua che simboleggia la rinascita? Nel Pesach che significa ‘passaggio’ è importante lasciare andare qualcosa che non fa più per noi, non è sano, in modo da migliorarci e risorgere ad una nuova vita.
Chiedendomi questa cosa, mi sono accorta che provavo rabbia nei suoi confronti.
Ancora? Mi sono detta. Sono passati più di dieci anni.
La persona di cui scrivo era così rozza e primitiva nel suo modo di volermi bene, che ogni suo aspetto a pensarlo, mi dà fastidio. Una di quelle che ti prendono cuore e anima. Ma molto più di questo. Forse qualcuno con cui ho avuto già un legame in passato, in un’altra vita.
Come mai un legame così forte?
Il rapporto si basava sulla rabbia e sul conflitto. E mi chiedevo spesso: “ma se sei impegnato perchè vuoi proprio me che invece sono libera e quindi molto spesso ti dico di no?” Così, di rimando, chiedevo a me stessa se mi era mai capitato di volere qualcuno a tutti i costi.
Vi è mai capitato di volere qualcuno che non vuole stare con voi? A me è capitato e mi sono chiesta il perchè.
Mi piaceva avere un no? Volevo andare incontro alla sofferenza? La sofferenza mi affascinava più della gioia?
Sono domande alle quali fatichiamo a rispondere, ma proviamo a farlo.
Qualcuno che ci dice no, chi ci ricorda? Perché la sofferenza a volte é più attraente della felicità?
Ci riporta forse ad una nostra ferita antica? Qualcuno nella nostra famiglia che non era accogliente? Ecco perché siamo attratti e questa persona ci parrà tanto familiare che pensiamo: “che bello, ho incontrato l’uomo/la donna giusto/a per me. Che fortuna!
Sì, beh che fortuna! In realtà se non abbiamo ben capito la differenza tra bene e male e ancora non abbiamo visto con gli occhi giusti del distacco come si è rapportato un genitore con noi, non saremo in grado di vedere veramente quello che quel tipo di persona può darci. Forse ci farà ulteriormente soffrire. Perché la sofferenza a volte è più attraente della felicità?
Ora che ho capito la differenza tra stare bene e stare male, certamente vi dico che sarebbe meglio stare lontano da questo tipo di persona. Ma il punto è che se ancora la incontriamo e ne siamo attratti, significa che dobbiamo ancora imparare. Una parte di noi quindi è ancora legata alla sofferenza.
Probabilmente l’esperienza che vivremo con lui/lei ‘ci aiuterà’ a superare la sofferenza che sentiamo dentro di noi e a ricercare con tutta la nostra forza, il bene e la felicità.
La sofferenza ci attira, perché?
Ci sono diversi motivi per cui possiamo sentirci attratti dalla sofferenza, eccone alcuni:
- mi permette di restare legato e dipendente, come un bimbo piccolo
- dà la possibilità di fare la vittima, piangerci addosso e crogiolarci in quella situazione
- sentendoci piccoli restiamo in questa posizione comoda
Ecco, io come ho già scritto, la mia storia l’ho vissuta fino in fondo, alternando momenti di euforia a momenti di estrema sofferenza. Mi è servita e quando ne sono uscita non ero più la stessa. Ma d’altra parte è questo che fa l’amore: ci cambia e ci fa evolvere!
Per la prossima volta vorrei scrivervi della mia capacità di iniziare a vivere le storie con leggerezza e senza vergogna, raccontando proprio la paura del giudizio degli altri. Nel momento in cui siamo single e ci diamo alla pazza gioia, cosa ne pensano gli altri e come lo viviamo noi?
Ve lo racconto la prossima volta!
A presto,
Morena Botteghi