Il colloquio e la verità

Il colloquio e la verità

A volte ammiriamo persone che per noi hanno un ruolo importante. Il colloquio e la verità.

Inevitabilmente gli diamo un posto d’onore, un piedistallo sul quale rimangono per molto tempo.

Potremo mai toglierle da lì? Il colloquio e la verità.

Ada stava rientrando da scuola. Era l’anno che tutti parlavano del mondiale di calcio il 1982, ma a lei non interessavano queste cose. Erano quasi le quattordici e ancora doveva pranzare. L’istituto superiore non era vicino casa e impiegava un po’ di tempo per raggiungerlo utilizzando un pullman.

Con la foga di chi ha una fame incredibile, si sedette a tavola, dove sua madre aveva già apparecchiato per lei. Natalina teneva una capigliatura rigonfia dai bigodini; portava i capelli corti ed erano di un colore ebano scuro.

Solo alcuni capelli bianchi si notavano in quella massa corvina. Nonostante fosse una donna molto impegnata col suo lavoro, ci teneva a farle trovare pronto e lei amava quelle attenzioni che arrivavano puntuali ogni giorno. Sua madre aveva un’attività in proprio, una sartoria che in poco tempo era diventata conosciuta e apprezzata tra le clienti più agiate del paese. Aveva buon gusto e confezionava abiti eleganti e di classe.

«Ci sono i colloqui coi professori la prossima settimana», disse Ada appena seduta. Voleva che uno dei suoi genitori fosse presente e siccome sapeva che sua madre era fin troppo indaffarata, aveva pensato a suo padre.

Lui era operaio in una importante fabbrica del paese con un lavoro a turni, quindi aveva più tempo durante la giornata. Voleva che qualcuno di loro la riconoscesse, che vedesse quanto era brava, ma cosa più importante, che la famiglia si interessasse a lei.

Aveva un fratello e una sorella più grandi, che invece non erano ammodo e anzi, davano continue preoccupazioni. Per questo motivo si sentiva spesso messa da parte.

«Può andarci il babbo? E’ venerdì pomeriggio.» Chiese con tono ansioso.

«Credo di sì, stasera puoi chiederglielo.»

Più tardi si ritrovarono seduti in soggiorno, aspettando che la madre mettesse la cena in tavola. Non erano riunioni tranquille quelle in casa Malaspina. Il padre rientrato dal lavoro era stanco e irrequieto. Elena, la sorella, spesso parlava a sproposito e per provocare. Con i capelli rossi tinti, di un colore intenso e acceso era in costante polemica. E il padre reagiva male alle provocazioni di lei.

Ada era seduta in mezzo ai due e non era facile farsi sentire e iniziare una conversazione. Lui aveva una capigliatura mora accesa, che ricordava l’attore Alberto Sordi. Di fronte a lei il fratello maggiore Aurelio che cercava, di acquietare gli animi oppure, quando era troppo stanco, scrollava la testa borbottando tra sé e sé e a volte imprecando per quell’atmosfera di nervosismo in aumento.

Sua madre, chiamata da tutti Talina, entrò in soggiorno con la cena e si sedette a fianco al marito.

E mentre padre e sorella infervoriti stavano quasi per iniziare una lite, Ada prese la parola, alzando la voce per farsi sentire.

«La prossima settimana c’è il colloquio coi genitori a scuola, ci puoi andare?» Fece rivolta al padre.

«Ehm…sì, ma tu sei preparata vai bene, che bisogno c’è?»

Intervenne la sorella, anche se non era stata interpellata: «Eh già tu sei capace in tutto, io invece sono quella zuccona che non studia!» Si era intromessa nella conversazione, creando scompiglio. Con quella affermazione aveva voluto sottolineare che Ada era la preferita, quella intelligente, mentre lei era stupida e nessuno le dava retta. Il padre si innervosì subito.

Ada indifferente alle parole della sorella, proseguì: «Voglio lo stesso che tu ci vada, i professori non ti hanno quasi mai visto!»

«Sì, sì va bene» fece svogliato lui. Sembrava pensasse a tutt’altro e in realtà diceva dentro di sé: «Che ca…o di cosa pesante mi tocca fare.» In effetti dava la sensazione che le incombenze familiari per lui fossero troppo impegnative e che cercasse di mantenere il più possibile la sua libertà. Forse non era stata proprio la sua prima aspirazione mettere su famiglia.

Neanche la madre nel suo modo di essere, a parte piccoli momenti di attenzione, dimostrava molta voglia di stare con i figli. E Ada a volte si era ritrovata a pensare, “ma perché si sono sposati questi due e hanno pure messo al mondo delle creature!”

«Allora ci vai?» Insistette lei, perché il sì di suo padre le era parso poco convincente. «E’ di venerdì pomeriggio alle tre, tu torni all’una, hai il tempo per andare!»

Arrivò la settimana dei colloqui e ricordò di nuovo al padre quell’impegno.

«Va bene», aveva risposto di nuovo lui. A sera le aveva chiesto se avesse parlato coi professori e fosse tutto a posto e lui le rispose di sì.

Così quando a scuola il giorno dopo si era confrontata con alcune amiche, piena di orgoglio e fierezza aveva dichiarato: «Mio babbo è venuto, gli hanno detto che vado bene in tutte le materie!» Lo aveva fatto con superbia e malizia, perché invece il padre della sua migliore amica non era andato e per lei era inammissibile. Il colloquio e la verità.

Quella stessa mattina, la professoressa di tecnica riguardo ai colloqui avvenuti fece una specie di appello di chi si era presentato.

E nel fare il suo elenco, disse senza dare troppa importanza alla cosa: «I genitori di Ada, non si sono visti.» Lei era rimasta allibita e per un attimo pensò che si stesse sbagliando, ma più ci stava sopra e più si rendeva conto che era impossibile fosse così. Se aveva detto che non aveva visto nessuno della sua famiglia, doveva essere vero.

Significava che suo padre non c’era stato e che le aveva mentito. Spudoratamente.

Si sentì come se qualcuno l’avesse pugnalata alle spalle. Provò una profonda umiliazione di fronte alle compagne con le quali si era vantata poco prima e soprattutto di fronte alla sua più cara amica. Doppia vergogna.

Così quel giorno tornò a casa avvilita e arrabbiata e senza neanche appoggiare lo zaino e togliersi il cappotto, era andata dritta dal padre e urlò:

«Tu non sei stato dai professori! Perché mi hai detto che c’eri andato?»

«Io ci sono stato, ho fatto una mezz’ora di fila per poter parlare con tutti e ti dico che ero anche stanco della giornata di lavoro. Ero in piedi dalle quattro e mezza!»

«No, non ci sei stato, a scuola mi hanno detto di non averti visto!» Ed era sul punto di piangere, perché si sentiva ferita.

«Ti dico che ci sono stato non mi fare arrabbiare!»

Lei cercò di ricomporsi e a quel punto non sapeva più cosa credere.

«La professoressa Almeni non ti ha visto, mi ha detto che tu non c’eri.»

«Ma chi è, il nome non mi dice nulla! Forse è l’unica che ho saltato, c’era una confusione tale che può essermi scappata.»

Ada si sentì in colpa per aver pensato subito male del padre. Sembrava proprio le dicesse la verità. Allora forse si erano sbagliati a scuola. Una stranezza che non sapeva come spiegare. Si ripromise che l’indomani avrebbe indagato sulla questione. Dove stava la verità? Chi mentiva?

Si soffiò il naso, scostando i capelli lisci e dritti che le ricadevano sulle spalle. Aveva un profilo elegante e regolare.

Il giorno dopo non sapeva come mettere in atto ciò che voleva fare. Andare da ogni professore e chiedere se lo avessero visto? Cosa avrebbero pensato? Che non si fidava del padre e doveva controllare che dicesse la verità?

Troppa vergogna, pensò di soprassedere e di credere a quello che lui le aveva detto.

Mentre era immersa nei suoi pensieri, durante la ricreazione, le si avvicinò la professoressa Almeni.

«Ada, cara, tutto bene?»

Lei sussultò, non si aspettava di vederla.

«Beh… no.» Pensò di affrontare subito l’argomento, quale migliore occasione di parlarle.

«Ieri sono rimasta così male quando mi ha detto che mio padre non era venuto ai colloqui; lui è venuto sa? Credo lei non l’abbia visto.»

«Ma no, cara, io non l’ho visto ma neanche il professore di matematica, italiano e inglese. Eravamo tutti nella stessa stanza lo avrei sentito se si fosse presentato.»

«Le dico che c’era, non so perché continua a dire di no.» La guardò con rabbia. «Ce l’ha con lui? Forse che lei gli ha fatto delle avances e lui le ha detto di no?»

«Ma cosa dici Ada, sei impazzita? Metti in dubbio la mia sincerità?» Gli occhi verdi accesi dalla rabbia, puntati contro di lei.

«Senta professoressa, sincerità per sincerità, lo sanno tutti che ha una storia con il padre della Gaia Amato, mia compagna di classe!»

 «Non è assolutamente vero e non sono affari tuoi! Capisco che sei ferita, ma tuo padre non si è presentato a scuola, accettalo! Ti ha mentito.» E se ne andò voltandogli le spalle, piena di furore e fuori di sé. Il colloquio e la verità.

Ada si mise a correre per arrivare a casa e affrontare suo padre, che l’aveva ingannata per l’ennesima volta. “Io ora vado a casa e gli spacco la faccia, che padre bastardo!” Pensò con rabbia dentro di sé.

Saltò sul mezzo. Il pullman svoltò penetrando il suo quartiere e a lei venne in mente di colpo che dopo quello che era successo la Almeni si sarebbe vendicata; l’avrebbe sospesa. L’aveva fatta grossa e dalla ragione sarebbe passata al torto.

Così scese qualche fermata prima di casa sua. Si infilò in un bar, cercò il telefono, infilò le monete e compose il numero. Disse: «Matteo mi hai convinta, avevi ragione tu, oggi sono pronta. Non voglio avere più niente a che fare con la mia famiglia.»

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