Il verde e l’acqua rigenerante

A volte ci sono pensieri ingarbugliati che si muovono dentro di noi, con un susseguirsi di voci sovrastanti.

Prima di lanciarli all’esterno occorre districarli, come si districa una banda di lana scomposta. Renderli chiari a noi stessi e solo allora mostrarli agli altri.

Ginevra quel mattino si alzò presto. Aveva dormito bene, ma nonostante questo sentiva un pensiero dentro di lei insistente come un piccolo tarlo che picchietta sempre sullo stesso punto. Il verde e l’acqua rigenerante.

Si era a un paio di giorni dal ferragosto. Un giorno di festa di mezza estate, importante quanto esplosiva, piena di rumorosi ricevimenti, sorrisi allargati e abbronzati dai giorni trascorsi al mare, sotto al sole rovente. La maggior parte degli abitanti che vivevano nel paese erano in vacanza, partiti già da diversi giorni, così che il piccolo centro era più tranquillo del solito.

Per lei non era stata l’estate di sempre, quella dove quando poteva, fuggiva al mare e a svagarsi nei numerosi locali che conosceva da tempo immemorabile. Oppure a passeggiare nei vicoli arieggiati della città, rimirando negozi di ogni genere. Quell’anno, a sorpresa, era stato diverso da tutti gli altri e aveva portato con sé un trasferimento momentaneo in quel paese addormentato, dove troneggiava nella quiete delle poche case sparse, lo stabilimento delle terme.

Attorno si intravedevano una chiesa, una farmacia, un fruttivendolo e un bar.

Quel paese così intimo e riservato la faceva sentire statica, come costretta a camminare in un paio di scarpe dalla misura sbagliata. La innervosiva il sole caldo e il cielo terso che portava una luce chiara illuminante su quella campagna dove mancava l’acqua. E lei si sentiva come quando manca l’aria. Solo una piscina incastonata nel verde la rincuorava; lì c’era la trasparenza e il refrigerio a cui tanto ambiva.

Il verde e l’acqua rigenerante.

Mentre osservava il sito, si chiedeva come ci si sentisse in altri luoghi. Con la mente vagava verso spiagge affollate, locali gremiti di persone e assaliti dalla musica a volte ridondante. Ora quei posti la attiravano meno e li prendeva a piccole dosi. Ma erano comunque il suo lubrificante, quello che la ricaricava, al quale non poteva rinunciare, pena un senso di vuoto e un inizio di malinconia profonda. Si chiese cosa volesse fare in quella giornata sospesa prima del grande giorno ferragostiano.

Il tarlo si fece risentire e le sollevò di nuovo l’inquietudine di prima. Una domanda le uscì di bocca spinta dall’agitazione:

«Che programmi abbiamo per oggi?» Le venne da chiedere ad Amedeo, suo marito. Ma forse la rivolgeva a sé stessa e non aveva una risposta, se non qualche idea confusa e poco stimolante.

Lui la guardò e abbozzò un sorriso. La sera precedente era ancora nell’aria. Avevano raggiunto la città in moto a circa trenta chilometri da lì, goduto di un aperitivo e rientrati quando era buio dopo un paio di bicchieri di vino. Ormai avevano i sensi avvolti nel torpore che il vino lascia a chi non è troppo abituato. Una serata spensierata che Ginevra aveva desiderato, perché la città le mancava.

Capelli bianchi e un fisico da adolescente nonostante l’età, Amedeo era di una magrezza insolita anche se invidiata dalla maggior parte dei suoi coetanei. Ginevra imponeva a lui e a sé stessa, un programma dettagliato costruito appositamente per loro da una nutrizionista che abbinava alimenti in modo puntiglioso e preciso. Quasi maniacale.

«Io me ne starei qui a casa,» affermò lui come a voler dire che dopo la serata aveva bisogno di riposo. Il verde e l’acqua rigenerante.

«E questa sera?» Incalzò lei. Improvvisamente sentì che il tempo vuoto era dilatato; le pareva ampio come un maglione che si allarga durante un lavaggio sbagliato. Si protraeva fino al giorno di ferragosto, momento in cui avevano un appuntamento fissato a casa di alcuni amici, per una festa agreste.

«Non so cosa c’è questa sera.» Ribattè Amedeo irritato. Con faticosa pazienza e rabbia lei si ripromise di guardare on line gli eventi della zona.

Dove potevano andare loro due quel giorno sospeso? Come potevano divertirsi? Chissà cosa stavano facendo gli amici che avrebbero incontrato da lì a qualche giorno. Si sentiva in attesa di quell’evento, ma ciò non le bastava. Lei aveva fervore per muoversi adesso e non tra due giorni.

Fu dopo pranzo che l’ansia che aveva tenuta a bada per tutte quelle ore, sbottò come una pentola a pressione in ebollizione da troppo tempo.

«Hai capito che mi sono presa queste due brevi settimane di vacanze per svagarmi e sentirmi spensierata?» Puntualizzò con voce adirata. «E se per fare questo ci occorre andare un pomeriggio in spiaggia e un’altra maledetta mattina in piscina, allora facciamolo!»

«Il mare è a trentacinque chilometri da qui!»

«Mi è chiaro, ma non possiamo rinunciarci perché è lontano! Le persone qui percorrono chilometri per dilettarsi; mattina, pomeriggio e sera. Siamo lontano da tutto, ci dobbiamo abituare.»

«Tu vuoi sempre fare ogni cosa. E corri qui e prenoti di là e andiamo al mare, oppure no, dirigiamoci verso la collina, non sei mai contenta!» Sentenziò lui affaticato e rancoroso.

«Sì, ho qualche giorno di vacanza e non voglio stare ferma in questo paese di me…da.» Quella rabbia le stava facendo scappare termini che di solito non usava, voleva tirare fuori la violenza, farla sentire ad Amedeo. Dentro di lei una voce debole e poco convinta mormorava: “Non dire così, non è giusto e lui non si merita questa veemenza gratuita.”

Ma l’altra voce, quella che voleva sovrastare, non ascoltava e sormontava il suono flebile. Si immaginò le piccole rughe che aveva tra gli occhi, quelle che lei si vedeva quando aveva la fronte corrucciata e le vedeva come due solchi ben evidenti. I capelli ribelli che per il caldo stava tenendo legati e raccolti, le davano un’aria da signora che non le piaceva per niente. E anche il suo atteggiamento perentorio le mostrava una donna matura frustrata. Il caldo avvolgente e spossante, stava complicando le cose. Amedeo si accorse che stava esplodendo in maniera dissennata, gli venne paura e disse:

«Va bene, se vuoi andare al mare andiamoci!»

Eccolo, accondiscendente. In fondo le faceva fare ciò che desiderava, era lei a sentirsi incerta, insicura a volte più nemmeno sé stessa. Chi era lei adesso e cosa voleva?

Non lo sapeva. Conosceva le sue passioni; secondo lei non doveva allontanarsi troppo da quelle, da ciò che le faceva vibrare il cuore e i sensi. Ma l’ansia che la rodeva dentro non si era acquietata nonostante l’accondiscendenza di Amedeo; voleva procedere sulla quella strada, non le bastava. Voleva che lui in qualche modo gli confermasse chi fosse lei, oppure che si prendesse la responsabilità delle sue decisioni. Così se ne uscì con un:

«Mi avete stancato tutti; io in questo anno ho fatto una fatica disumana per adeguarmi a nuove situazioni.» Quel tutti includeva un gruppo di amiche di cui faceva parte anche se ormai avrebbe voluto distaccarsene per sempre.

«Ora basta, basta dare più del necessario e a chi non mi dà indietro nulla, davvero basta!» Esclamò. La furia dentro di sé aumentava e aveva voglia di distruggere. Era arrivata al limite anche con alcune di loro. Ce l’aveva con Amedeo o con loro?

Oppure con sé stessa? In fondo era lei che aveva fatto quelle scelte! E’ vero, qualcuna faceva parte del problema; stava diventando chiaro che ormai era ora di lasciare e tagliare. Non avevano più niente da dirsi e anche questo era tremendamente doloroso da ammettere. La faceva arrabbiare, in quell’anno difficile, impegnativo e colmo di nuove situazioni. Il verde e l’acqua rigenerante.

«Anche io ti ho stancato?» Le chiese lui insicuro e rammaricato per tanta rabbia, dolore e occhi lucidi che iniziavano a riversare lacrime.

«Sì anche tu! Io sono venuta qua a casa tua e anziché aiutarmi ad adattarmi a questa nuova vita e che ne so, portarmi una volta in più nel mio posto preferito, mi hai portato una volta in meno! L’ultima volta ci siamo stati un paio d’ore. Dopo due ore e cinque minuti sei voluto andare via, insofferente. Abbiamo fatto settanta chilometri per starci due ore!»

«Sì hai ragione, quella volta ho sbagliato.» Ammise lui.

 Lei aveva il fiato corto perché il nodo di lacrime che voleva sfogare bloccava il respiro in gola, ma ancora non aveva finito. «Poi, ora che tu sei a casa tua, sei diverso da quando ci trovavamo da me.» Lui la ascoltò annichilito e strabuzzando gli occhi. Proseguì lei: «Ti occupavi delle faccende domestiche, qui lasci tutto in giro; briciole, piatti sporchi, zuppiere unte e da rilavare. Vestiti in disordine sparsi in ogni angolo della casa. Lasci le cose lì e io sono costretta a sistemarle, ma non funziona in questo modo! Io ti avverto se continui così non so come andrà a finire.» Quella rabbia montava sempre di più.

Lui rimase sconcertato e senza parole.

«Non so cosa dire… mi viene così; cercherò di stare più attento.» Promise con fare costernato e avvilito. Forse sempre più impaurito.

«Io oggi me ne vado in piscina, tu riposati se vuoi.» Disse lei. Si chiese se era veramente quello che voleva: passare il pomeriggio senza di lui. Stava così bene quando facevano le cose insieme, ma oggi non era quel giorno. Lei era veramente spossata e aveva bisogno di sé stessa. Non si ritrovava. Il verde e l’acqua rigenerante.

Quella decisione presa in quel modo, li avrebbe allontanati? Avrebbe creato una crepa nel loro rapporto? Non lo sapeva. La cosa le creò timore, ma non aveva intenzione di indietreggiare. Preparò con gesti rabbiosi la sua borsa: costume, asciugamano, il libro che stava leggendo. Prese la porta e la sbattè dietro di sé, correndo per evitare di cambiare idea. Forse più tardi, si sarebbe sentita in colpa per ciò che stava facendo, ma ora doveva recitare fino in fondo la sua parte.

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