Lui mi guardò con una espressione corrucciata. Morte e vita.
Si sedette, prese quello che gli porgevo e divenne scuro in volto; mi fissò preoccupato.
Senza inutili preamboli e clemenza di alcun tipo, disse ciò che pensava. Morte e vita.
Eravamo nel periodo natalizio. Rimini era addobbata in modo eccezionale, con luminarie sfarzose e originali. Dal centro fino ad arrivare al lungomare, era un tripudio di luci, addobbi luccicanti, decorazioni sontuose. Tutto in grande stile.
Io al contrario, non avendo una famiglia compatta e accogliente attorno a me, vivevo quel momento con un pizzico di insofferenza e nostalgia. Quell’anno 2008 era ancora più distintivo.
Qualche settimana prima era successo un accadimento che aveva scosso le mie certezze. Non ne avevo fatto parola con nessuno. Ero scoraggiata e così me ne stavo accucciata al caldo in casa, cercando di sanare la ferita che si era aperta dopo quell’evento.
Mi conoscevo bene e sapevo che in momenti come quello dovevo starmene per conto mio, fino all’attimo in cui la mia mente elaborasse la questione e io la digerissi. Allora sì che avrei potuto parlarne. Ancora non era ora.
Quel periodo passò e io lo vissi come meglio potevo. Cercavo di uscire e svagare la mente; di essere presente a cene o intrattenimenti di gala che erano emblematici per quei giorni. Così finalmente, trascorse alcune settimane, sentii che qualcosa stava cambiando.
«Buongiorno signora Staccoli, si accomodi», mi disse il medico una volta entrata nel suo studio. «In cosa posso aiutarla?»
«Ecco ho con me l’esame che mi aveva consigliato di fare. Può dargli un’occhiata e dirmi cosa ne pensa?»
Lui mi guardò con una espressione corrucciata. Si sedette, prese quello che gli porgevo e divenne scuro in volto; mi fissò preoccupato. Senza inutili preamboli e clemenza di alcun tipo, disse ciò che pensava.
Le sue parole mi lasciarono allibita e scioccata. Morte e vita.
«Ma c’è un’altra strada dottore?» chiesi. «Perché intervenire così di netto se c’è solo una piccola parte sofferente?» Le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento, iniziarono a scendere, indifferenti della vergogna che provavo, per il fatto che mi stavo disperando di fronte a lui. Gli stavo mostrando il lato più fragile.
«No, lasciarne un pezzo è pericoloso e poi che senso ha? Si toglie tutto e si può benissimo proseguire la solita vita prendendo un semplice medicinale.»
Sbottai: «ma si rende conto di quello che dice? Prendere un medicinale per tutto l’arco della mia esistenza! Come se fosse una cosa leggera che non ha nessuna conseguenza e invece io so bene che non è così, di conseguenze ne ha eccome!»
«Ascolti! Non ci sono altri rimedi; questa è la via più sicura e se vuole sentire altre opinioni, le diranno tutti la stessa cosa. Non può tenerla, è in un punto pericoloso; se aumenta di volume e si dirige verso l’interno può impedirle di respirare. Che problema c’è? Il farmaco lo usano in tanti e non ci sono controindicazioni», proseguì lui.
In un attimo era passato da una previsione catastrofica piena di terrore a uno sguardo freddo; indifferente. Se ne stava nascosto dietro ai suoi occhiali. Mi guardava infastidito e allarmato e non capiva il motivo di così tanta reticenza da parte mia.
Un tremore di paura mi percorse lungo tutta la schiena; poi poco dopo, lasciò il posto a una rabbia furiosa.
«Lei non ha cuore! Ha studiato tutta la sua vita per dirmi queste cose vuote e prive di senso? Di sicuro non faccio qualcosa in cui non credo e che non capisco. Voi medici, nonostante ne sapete tanto, siete più spaventati di noi umili esseri umani! Io ho meno conoscenza di lei, ma almeno ho il coraggio di affrontare i momenti difficili della vita e andare a fondo alle questioni!»
«Ma chi si crede di essere?! Faccia come le pare, io le ho detto ciò che deve fare, se lei non vuole non posso obbligarla, ma questo è!» Ribatté arrabbiato.
Feci per alzarmi e uscii. Dentro di me spuntava un: “vaff…lo!”
“Io sono venuta qui per capirci qualcosa in più e questa è l’unica risposta che sa darmi.” Pensai con livore.
Mi chiusi la porta alle spalle e con essa il rimescolio rumoroso che sentivo dentro. La sala d’attesa era gremita di persone che sedute attendevano il loro turno, ognuna con i propri guai ed io non vedevo l’ora di uscire fuori e respirare una boccata di aria rigenerante. Morte e vita.
“Ma perdio possibile mai? Allora se proprio non vogliamo prenderci le nostre responsabilità, continuiamo ad assumere medicinali, antibiotici e così via. Come se fossero una soluzione per tutti i disturbi che ci sono in questo mondo. Nessuna considerazione per la persona, le sue emozioni, quello che prova, come mai ha un problema di quel tipo, nessuna! Una pillola ed è tutto risolto. Eh sì, come no?!”
Me ne tornai a casa con i pensieri che mi ronzavano in testa e che non lasciavano posto per pensare con la calma necessaria.
“Cosa devo fare ora?” Mi chiesi. Questa soluzione non mi piace, non è quello che voglio! Tanto più che desidero evitare di prendere una decisione con terrore.”
Non potevo darmi pace di aver speso circa centocinquanta euro per fare una visita dove il risultato era avere un parere da una persona più terrorizzata di me e, per come la vedevo io, preparata solo a metà su certe cose.
Fare questo intervento o no?
Questo divenne il dilemma dei giorni futuri. La quotidianità era ancora carica di una sensazione deprimente, ma piano piano mi stavo accorgendo che vicino a lei compariva una luce. Un minuscolo bagliore che sembrava debole, ma che in realtà nascondeva una forza impavida. Stava rivendicando il suo posto.
Mi ero messa a studiare tutto ciò che si potesse sapere sulle disfunzioni. Il perché del loro apparire. Le possibili cure alternative che a differenza di quelle consuete, tenevano conto dello stato d’animo, del modo di essere, del temperamento. I giorni passarono e io stavo diventando sempre più erudita sull’argomento. Ma ancora avevo terribili attimi di indecisione e di angoscia.
Così, visto che non mi fidavo abbastanza di me stessa, chiesi aiuto. Morte e vita.
A chi chiedere? Dentro di me mi rivolgevo a Dio ogni giorno, ma non ero una persona che praticava la religione per cui esclusi il prete. La mia scelta cadde su una psicologa. Era una figura preparata riguardo alle incertezze e ai dubbi dell’animo umano e al contempo, estranea alla situazione. Quello che ci voleva. Non avevo più i miei genitori per cui la trovavo la soluzione adatta a me. Pensai che potesse farmi vedere le cose con maggior chiarezza e accompagnarmi in un cammino consapevole. Avevo intuito che quel terrore che sentivo dentro proveniva da ragioni recondite e solo in parte avevano a che fare con la realtà.
«Buongiorno signorina Enrica…come va?» La dottoressa Panzavolta faceva parte della Ausl della mia città. Aveva un costo contenuto e questo mi aveva convinta a rivolgermi a lei.
«Eh, abbastanza bene.» E lì incominciammo una chiacchierata che verteva su quello che facevo, da quale famiglia provenivo, come vivevo la mia concretezza.
Lei aveva i capelli che componevano un caschetto color corvino, forse tinto, luccicante. Occhi grandi e scuri, truccati con una matita blu notte intenso. La voce era soave, bassa e pacata. Il suo conversare era piacevole da ascoltare, non solo per le mie orecchie, ma anche per la mia anima. Un balsamo che guariva le ferite interiori.
La mia voce invece, la trovavo stridula e in certi attimi di nervosismo, aveva toni alti e fastidiosi. In altri momenti falsata da un impeto di paura; non mi piaceva.
«Qual è la cosa che la terrorizza di più se pensa a questo intervento?» Mi chiese.
«La forte sensazione che mi venga strappato via qualcosa contro la mia volontà; un’invasione che subisco senza che io possa dire e fare nulla.» E lì ci accorgemmo tutte e due che quell’angoscia, aveva radici antiche, forse neanche così veritiere neppure nel momento in cui le avevo vissute. Dovevo ridimensionarle.
Vidi la dottoressa una volta ogni quindici giorni e piano piano capii meglio le mie emozioni. Grazie anche agli studi che facevo incominciai a dare un senso a ciò che stava capitando. Nei termini tecnici forse si dice, elaborare. Stavo elaborando un lutto. Ancora non sapevo cosa avrei deciso, ma stavo percorrendo una strada che mi portava a conoscermi meglio interiormente. Sentii che non tutto era perduto; anzi qualcosa di nuovo stava iniziando.