A volte ci sono cose che restano dentro di noi irrisolte, per molto tempo. Un giorno ritrovarsi a Regent’s Park.
Pensiamo che siano così per sempre e che nulla cambierà più. Era quello su cui rifletteva Jacob quel giorno di inizio autunno, dell’anno 2000, prima che la sua vita si rivoluzionasse in un momento. Un giorno ritrovarsi a Regent’s Park
Quella mattina sedeva su una panchina di Regent’s Park. Era domenica e lui la trascorreva leggendo il giornale. Le foglie gialle e arancioni, coloravano il paesaggio e piano piano per terra, si andava formando un tappeto morbido. Poche persone in quel momento passavano di lì. Un giorno ritrovarsi a Regent’s Park.
Un uomo che portava a spasso il suo cane e ne approfittava per fermarsi ad osservare le anatre del laghetto; una coppia di amici che chiacchieravano facendo jogging e rimandandosi battute salaci riguardo alla serata trascorsa in un locale di Soho, la notte prima.
Abbassò lo sguardo sul giornale e lesse alcune notizie di politica e di cronaca. Oramai era abituato a quei titoli tragici e quasi non lo toccavano più. Si ritrovò a pensare:
“Dove andremo a finire…il mondo sembra impazzito e io non mi ci ritrovo”, si disse. “Per fortuna ho già vissuto parte della mia vita, che se la vedano loro!”. Quel giorno si sentiva particolarmente egoista, forse così come era stato per tutto il corso della sua esistenza.
Veniva da una famiglia benestante, ma che lo aveva sempre lasciato solo. I suoi genitori erano stati poco presenti, impegnati a fare soldi. E forse lui alla fine, aveva deciso che non valeva la pena legarsi sentimentalmente a qualcuno.
Aveva preferito laurearsi, diventare architetto e andare in giro per il mondo a occuparsi di costruzioni originali e sfarzose; non affezionarsi a nessuno. Poi dopo quello che era successo negli anni dell’università, non aveva più avuto fiducia negli altri e aveva finito per chiudersi nel proprio guscio, definitivamente.
Un amore vissuto come a quei tempi, non lo avrebbe più trovato. Tentò di scacciare il pensiero. Ancora, quando ci pensava, una fitta dolorosa lo prendeva nel petto e non era riuscito a capire se si trattava di rabbia o paura; forse un misto delle due cose.
Pensava a questo, quando vide avanzare due persone che si tenevano per mano. Sembravano una coppia come tante, ma guardandoli bene, avevano qualcosa di familiare. Li conosceva? Un giorno ritrovarsi a Regent’s Park.
Fu solo quando gli furono a pochi metri di distanza che li riconobbe.
In quel momento i ricordi di eventi successi circa trenta anni prima gli passarono davanti come la sequenza di un film.
Era l’anno 1969 e lui si trovava alla University East of London. Non aveva ancora degli amici e i primi tempi erano stati durissimi. Poi, piano piano aveva fatto nuove conoscenze e incontrato Dominik. Anche lui era inglese, ma veniva dal Kent. Una famiglia facoltosa come la sua. Gli invidiava la sicurezza e la socievolezza, mentre lui era introverso e timido.
I due amici erano diventati inscindibili. Se uno dei due si iscriveva nella squadra di canottaggio, l’altro lo seguiva. Ritrovarsi a Regent’s Park.
Dopo il primo anno di collage, arrivò Rachel.
Una ragazza della loro età con i capelli rossi e il fisico mozzafiato. Lei non era solo affascinante, ma risultava molto intelligente e abile in tutte le materie di studio.
Loro tre si ritrovarono a trascorrere molto tempo insieme, a frequentare le feste e i locali più altolocati di Londra. Una sera le chiese: «Rachel noi ci conosciamo da poco, ma volevo dirti che tu non mi sei indifferente e che provo per te qualcosa di più di una semplice amicizia…scusami, sono timido e non è facile chiedertelo per me, ma… vuoi diventare la mia ragazza?»
Lo disse tutto d’un fiato, molto emozionato. Lei lo guardò e le rispose trepidante: «Sì!». Lui ne era stato così felice. Il suo carattere chiuso e schivo si era ammorbidito; per tutti i cinque anni dell’università i due erano stati sempre insieme, molto uniti. Avevano continuato a frequentare Dominik, anche se le uscite a tre si erano diradate, ma lui era sempre presente nelle loro vite.
La loro storia aveva le caratteristiche delle roller coaster.
I momenti peggiori coincidevano con gli sbalzi di umore di Jacob che a volte insofferente, si sentiva solo nonostante la presenza di Rachel. La sua famiglia era sempre molto distaccata da lui e a malapena riusciva a vederli nelle feste comandate a Natale e Pasqua.
A volte questa sua mancanza la riversava su Rachel facendole delle scenate di gelosia patetiche che non avevano alcun fondamento. Poi tornava da lei implorando di perdonarlo; quelle erano solo le sue insicurezze e a volte non riusciva a trattenersi. Lei arguta e sensibile lo capiva e lo perdonava ogni volta.
All’improvviso però arrivò quel giorno tremendo in cui tutto cambiò. Con un volto preoccupato e senza guardarlo negli occhi gli confessò: «Sono incinta». A lui non era parso vero e se anche non se lo aspettava la abbracciò con entusiasmo. Ma lei si divincolò e gli disse sussurrando: «è figlio di Dominik».
Lui rimase impietrito. «Cosa, tu e Dominik? Da quando vi frequentate voi due?» Il mondo aveva preso i colori scuri e violacei di una tempesta in arrivo. Per un attimo pensò che forse lei si sbagliava e le chiese: «Come fai ad avere questa certezza e a sapere che non è mio?»
«La data del concepimento risale a quando tu eri a Parigi, per i tuoi tre mesi di studio», rispose lei abbassando lo sguardo.
Lui non ci vide più dalla rabbia e le urlò: «Come avete potuto farlo? Voi, i miei amici più cari, traditori bastardi! Vattene, sei una poco di buono».
Precipitò in una depressione che non fu facile da superare. Da lì capì che mai e poi mai avrebbe voluto farsi una famiglia. Evitò Dominik che nei giorni seguenti lo aveva cercato, ma lui non volle sentire alcuna spiegazione.
Dopo il collage, le loro strade si separarono definitivamente. Lui sconfisse quel momento, buttandosi a capofitto nel lavoro e frequentando donne diverse ogni sera, per tanto tempo.
“Perdio, ma quelli sono Rachel e Dominik!”. Pensò Jacob, irrigidendosi sulla panchina. Fece per alzarsi.
I due lo guardarono stupiti; lì per lì sembrava non lo avessero riconosciuto, poi fu Rachel a guardarlo dritto negli occhi e a fermarsi di fronte a lui.
«Jacob…sei tu?!» Gli domandò stupita.
«Rachel e Dominik…mi sembrava di conoscervi», le rispose con voce sommessa e ironica.
«Sono passati tanti anni…come stai?» chiese lei.
«Sto benissimo», rispose freddo e in modo distaccato; «ho viaggiato tanto…a breve mi godrò il tempo libero, ho ancora tante cose che voglio fare».
«Ah, ti sei sposato… hai figli?»
«No, non ho figli e nessuna moglie…in fondo chi avrebbe voluto stare con me, giusto Rachel? Pensi che sia tutto dimenticato e che io non abbia sofferto dopo il vostro tradimento? Vi ho maledetto quel giorno e tanti giorni della mia vita!». Non poteva credere che lo stava dicendo. Si era tenuto tutto dentro, per tanto tempo, forse troppo. Come se lui non avesse avuto alcun diritto di dire la sua. Era tempo di esprimere ciò che provava. Proseguì: «Non sai quante colpe mi sono dato per come ti sei comportata. Quasi tutti i giorni mi chiedevo: “dove ho sbagliato con lei, perché?”
E tu Dominik, cosa potevo averti fatto per attaccarmi alle spalle in quel modo meschino?» Un giorno ritrovarsi a Regent’s Park.
Rachel lo guardò con un moto di compassione, «è passato tanto tempo Jacob, tu eri così altalenante con me, non mi sentivo al sicuro e non credo tu potessi essere pronto per diventare padre…ho sbagliato! Ho avuto tanti rimpianti e sensi di colpa. Nella vita si fanno errori sui quali non si può più tornare indietro, sai Jacob e io ho faticato molto per essere serena…alla fine sono riuscita a perdonarmi. Devi farlo anche tu! Rifletti, se non ti perdoni e non perdoni noi, non potrai accedere mai alla pace interiore», disse accorata.
«Anche io ho sbagliato Jacob!», intervenne Dominik. «Era quello che volevo dirti tanti anni fa, ma tu non me lo hai permesso. Purtroppo è successo tutto così in fretta, ti prego, perdonami!» implorò, con gli occhi lucidi e la voce rotta dell’emozione. Jacob lì per lì non volle sentire ragioni, quanto aveva sofferto e per quanto tempo! Era vero, non si era perdonato per quello che era successo e per aver lasciato che accadesse. Pensò a questa possibilità: “perdonare me stesso” e improvvisamente si sentì più leggero. Qualcosa dentro di sé iniziò a cambiare e quel dolore nel petto si sciolse. Inaspettatamente la rabbia e la paura lasciarono il posto alla compassione per sé stesso e per i suoi amici. Capì che forse, poteva scoprire l’amore per la vita che non aveva mai avuto.